Questa rubrica è tratta dal Libro che ho scritto insieme al mio amico Giancarlo Panico dal titolo “Alfabeto essenziale della cucina napoletana”. Cercherò nei vari “post” relativi ai termini legati alla cucina partenopea di tracciare una strada di conoscenza e consapevolezza di quello che rappresenta la cultura gastronomica napoletana.
Sulla cucina napoletana, in questi anni, è stato detto e scritto di tutto. Eppure ci sono ancora tantissime persone, anche napoletani, che non conoscono l’origine di alcuni piatti, perché si preparano in un certo modo, perché si usano determinati ingredienti o si seguono veri e propri riti nella loro preparazione, come per il ragù o la genovese. In questo spazio non si aggiungerà nulla a ciò che già si conosce. Ci si propone piuttosto di essere una chiave di lettura per apprezzare ciò che mangiamo e provare a prospettare una visione dell’alimentazione quotidiana più ampia che, ancor prima di essere fisiologica, è sociale e culturale.
Perché proporla in forma di alfabeto?
L’alfabeto è l’insieme delle lettere che servono per costruire le parole e il linguaggio, se non lo si conosce e lo si padroneggia bene, è difficile parlare bene. Lo stesso principio vale anche per la cucina napoletana: se non si conoscono gli alimenti, la storia di piatti e pietanze, finanche la loro etimologia, non si potranno mai apprezzare.
I vari post che leggerete nascono da un lungo lavoro di ricerca e documentazione sugli alimenti, i cibi, i piatti e le pietanze della cucina napoletana, ma anche dai racconti e dalle testimonianze di chi, con la cucina napoletana, ci vive e ci lavora quotidianamente. Non hanno e non potrebbero avere la pretesa di essere esaustivi e per questo vengono proposte solo alcune voci (quelle che in questi ultimi anni abbiamo studiato, cucinato e… soprattutto assaggiato a più tavole e nelle interpretazioni di cuochi e chef diversi).
Certamente non saremo buoni scrittori ma sicuramente siamo buoni mangiatori!
Fofò Ferriere
Di seguito un “assaggio” del primo termine tratto dal libro:
ACCIO (Sedano)
Ingrediente fondamentale della cucina napoletana. Dalla minestra maritata alle settecentesche zuppe di legumi, verdure e ortaggi, è immancabile nelle più diffuse e note ricette della tradizione: dal ragù alla genovese alla bolognese napoletana, alla pasta e patate. E se la zuppa di accio (e baccala) è una delle ricette tipiche della tradizione irpina e più in generale dell’entroterra campano, dove si prepara e si consuma come pranzo della vigilia di Natale, a Napoli il suo uso in cucina si perde nella notte dei tempi. L’impiego del sedano era già noto ai tempi di Apicio, che lo consiglia nei purè di legumi, molto diffusi in epoca romana, e nelle farinate, ma è a Napoli che diviene popolare.
Se oggi è stato nobilitato ed è presente in molti aperitivi, da consumare con le salse più diverse, dalla classica maionese alla tartara, alla salsa rosa o immancabile nelle insalate e nelle diete, per molti secoli è stato utilizzato, al pari della cipolla, come rudimentale “cucchiaio” da zuppa di legumi. Il termine napoletano “accio”, che si ritrova anche in altri dialetti, deriva dal latino apium (il nome del sedano è proprio apium graveolens), conosciuto e utilizzato come pianta medicinale fin dai tempi di Omero. Ancora oggi a tocchetti, soffritto con carote, zucchine, patate e cipolle, costituisce la base per molti sughi e salse, di cui la più buona è quella che a Napoli viene chiamata “finta genovese”.
Alle prossime pietanze…
Fofò Ferriere
Giancarlo Panico