Vai al contenuto

Aglio e Uoglio (Aglio e olio)

image_pdfimage_print

Spaghetti, vermicelli o linguine? Napoli e i napoletani si sono sempre divisi su quale pasta cucinare con aglio, olio e peperoncino. Quest’ultimo, in verità, è stato aggiunto in un secondo momento, ma ha reso la ricetta internazionale. Lo spaghetto condito con aglio, olio e peperoncino, infatti, è, assieme alla pasta al pomodoro, sinonimo di cucina napoletana nel mondo.
Rivisitazione “povera” degli spaghetti alle vongole o ai frutti di mare, Jeanne Caròla Francesconi, la vestale della cucina napoletana, autrice del libro più famoso e venduto, non ha dubbi che bisogna usare le linguine. Non poteva essere diversamente. Le prime forme di pasta, da cui poi sono nate tutte le altre, infatti, erano una sorta di tagliatelle, praticamente delle lagane più lunghe. Per i puristi, gli storici e i gastronomi, invece, è tassativo utilizzare i vermicelli, argomentando la tesi con l’assunto storico che un tempo questa ricetta era denominata “vermicelli alla Borbonica”.

Gli spaghetti, con cui il piatto è preparato oggi nella maggior parte delle case e dei ristoranti, sono un’invenzione recente, a dispetto di chi sostiene li abbiano inventati addirittura i cinesi e siano arrivati in Italia portati da Marco Polo nel 1295. Il termine spaghetti, infatti, compare per la prima volta nel testo “Li maccheroni di Napoli” del poeta e commediografo napoletano Antonio Viviani, pubblicato nel 1824.
Ma se c’è un alone di mistero sull’origine della ricetta e sul tipo di pasta da impiegare, tutti sono d’accordo che spaghetti, vermicelli o linguine devono essere “sciuliarielli” (resi scivolosi dall’olio). La storica ricetta che si tramanda da generazioni vuole che, oltre all’olio abbondante, sia d’obbligo aggiungere un po’ d’acqua di cottura della pasta.
Oggi non c’è dubbio che l’olio deve essere rigorosamente extravergine, ma per secoli è stato olio d’oliva, perché l’extravergine risale al secondo dopoguerra. Una trovata di marketing dell’allora patron dell’olio, Dante Angelo Costa, per differenziare il suo olio dai concorrenti.

E l’aglio?

Un tempo, come oggi, deve essere quello della valle dell’Ufita, nell’avellinese. In ogni casa napoletana che si rispetti non manca mai una treccia d’aglio, la famosa “nzerta”.
Alla fine del XIX secolo gli spaghetti aglio e olio e al pomodoro erano così diffusi a Napoli che, su richiesta di Ferdinando II di Borbone, il ciambellano di corte Gennaro Spadaccini inventò la forchetta a tre rebbi per consentire di avvolgerli e poterli mangiare non più con le mani, come era d’uso, ma con le posate.

Aglio e uoglio è un modo di mangiare, ancora prima che di condire la pasta ed in particolare gli spaghetti.

Alle prossime pietanze…

a cura di Vincenzo Russolillo