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Il pomodoro San Marzano

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Una delle varietà più popolari campane del pomodoro è il “San Marzano”. Comparso nei primi anni del XIX secolo, sembra derivare da un’ibridazione naturale tra le varietà Fiaschella e Marzanella nel territorio compreso tra Sarno e Nocera Inferiore, o addirittura da una mutazione spontanea apparsa in una popolazione di pomodoro locale denominata Lampadina.
Assunse grande importanza dal punto di vista gastronomico verso la fine ’800, quando sorsero le prime industrie di trasformazione ad opera di Francesco Cirio. Da allora, e fino agli anni ’80, il “pelato” è stato prodotto quasi esclusivamente con il pomodoro proveniente dalla varietà San Marzano, come narra Ferruccio Zago fin dagli anni ’20 nelle sue “Nozioni di Orticoltura” dove scrive: “L’industria dei pelati è vanto della Campania.  La varietà di pomodoro impiegato è conosciuta col nome di S. Marzano, chiamata anche “lunga”, dalla forma della bacca, estesamente coltivata nell’ Agro sarnese nocerino”. È stato per quasi un secolo “l’oro rosso” delle pianure fertili nell’agro nocerino- sarnese e nell’agro acerrano-nolano, tutto il pelato che veniva prodotto dalle industrie campane era realizzato con le diverse popolazioni di pomodoro San Marzano.

Perché diverse popolazioni di San Marzano?

La risposta ci è data dal modello di agricoltura che era in uso in quel periodo: un’agricoltura fatta di sostanza organica (il concime), fatta di pochi trattamenti alle piante e soprattutto grazie alla presenza dell’agricoltore custode che ogni anno, selezionava i frutti o le piante per estrarre il seme che sarebbe servito per la campagna successiva. Questo lavoro di selezione ha fatto sì che oggi (lavoro iniziato nel 1996 finanziato dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania) abbiamo potuto reperire 33 popolazioni diverse di San Marzano appartenenti alle varietà San Marzano 2 e 4: queste popolazioni fanno parte della Banca Regionale del germoplasma orticolo e le sementi conservate  sono a disposizione degli agricoltori campani.

Perché il pomodoro San Marzano è scomparso alla fine anni degli ’80?

A fine anno ’80 iniziarono a diffondersi anche in Campania i primi pomodori lunghi da pelato “americani”: si trattava di ibridi F1 che erano molto differenti dal pomodoro San Marzano tranne per la forma allungata: le piante erano determinate e quindi non avevano bisogno di tutori (pali di legno); i frutti erano più consistenti; la produzione ad ettaro più elevata e al massimo si facevano due raccolte.
In questo scenario, il Pomodoro San Marzano presentava scarsa competitività in termini di costi di coltivazione, una obsolescenza degli ecotipi di San Marzano (variabilità intra ed extra ecotipo), ovvero mentre i frutti degli ibridi erano tutti più o meno uguali (stessa forma e pezzatura) quelli delle diverse popolazioni di San Marzano erano molto diversi tra di loro e all’interno dello stesso ecotipo. L’introduzione della chimica in tutte le diverse fasi di coltivazione (dai concimi agli antiparassitari) e l’assenza di rotazioni  (dovuta alle piccole dimensioni e struttura delle aziende produttrici di San Marzano) determinarono condizioni di “stanchezza del terreno” con conseguente diffusione di alcune malattie  tra le quali le virosi e “la radice suberosa”.

In sintesi, la concomitanza di tutte queste cause ha determinato, più che la scomparsa, la coltivazione del San Marzano esclusivamente negli orti familiari delle aziende agricole dell’area DOP.

Il rilancio del pomodoro San Marzano

Agli inizi degli anni ’90, l’allora SME Ricerche oggi ARCA 2010,  fu promotore insieme con altri Enti pubblici e Regione Campania di diverse iniziative per la valorizzazione  rilancio del San Mazano.
Arca 2010 (ex Sme Ricerche) attivò un programma di miglioramento genetico sul pomodoro San Marzano finalizzato a raggiungere una serie di obiettivi, quali:

  • aumento delle rese produttive
  • introduzione di resistenze a patogeni
  • aumento della consistenza dei frutti
  • maggiore uniformità dei frutti sulla pianta
  • mantenimento caratteristiche organolettiche e qualitative originarie del San Marzano
  • riduzione dei difetti di collettatura del frutto.

Parallelamente, partì  un progetto per l’ottimizzazione della produzione che si realizzò attraverso:

  • l’ottimizzazione delle tecniche colturali;
  • l’introduzione di agrotecniche innovative (es. tunnel antiafidico);
  • prove di coltivazione in aziende agricole delle nuove cultivar  provenienti dall’attività di miglioramento genetico; 
  • prove di trasformazione delle nuove varietà;
  • valutazione delle caratteristiche organolettiche dei prodotti ottenuti attraverso analisi sensoriali.

Il risultato di tutte queste attività fu l’iscrizione al registro varietale di diverse cultivar di pomodoro afferenti alla tipologia San Marzano e la richiesta autorizzazione al MIPAF per ammissione della nuova varietà al disciplinare di produzione del pomodoro San Marzano dell’agro sarnese nocerino D.O.P.
Attualmente  Le varietà/ecotipi ammessi alla DOP sono:

  • Kiros  (varietà migliorata)
  • San Marzano 2
  • Popolazioni/accessioni di San Marzano 2

Altro passo fondamentale per il rilancio del San Marzano è stato il riconoscimento della DOP nel luglio 1996 da parte dell’U.E.

Le popolazioni/accessioni: nel 1996 è stata costituita la prima banca del germoplasma grazie ad un lavoro di raccolta, moltiplicazione, conservazione di 33 popolazioni/accessioni ascrivibili al pomodoro San Marzano varietà 2 e 4. Questo lavoro fu finanziato dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania e il lavoro di moltiplicazione e conservazione è proseguito negli anni successivi attraverso diversi progetti finanziati tra cui l’ultimo della Regione Campania con fondi PSR 2007-2013 misura 214 f2.
Attualmente Kiros è la varietà di riferimento per la produzione del San Marzano DOP, in pratica rappresenta più  il 90% di tutta la produzione DOP, ed è per tale ragione che Slow Food Campania, al fine di scongiurare la scomparsa dei vecchi ecotipi\popolazioni di pomodoro San Marzano, ha realizzato un Presidìo denominato “Antichi pomodori di Napoli“.  Il Presidìo vuole valorizzare la coltivazione di questi pomodori tradizionalmente campani ravviando la produzione di questi ecotipi/popolazioni antichi: oggi i coltivatori aderenti producono oltre ai pomodori freschi, i pelati, la passata e altre conserve tradizionali.

a cura di Vincenzo Russolillo